martedì 6 gennaio 2015

La Saga dell'Anello: di fronte a P. Jackson e a J.R.R. Tolkien - parte 2

"Ma tutto ciò è non è possibile!". Sì, siamo d'accordo...

NOTIZIE TECNICHE PER LEGGERE QUESTO POST: il post contiene spoiler sull'ultimo capitolo della trilogia de Lo Hobbit, perciò verranno visibilmente evidenziati. Il post gode di lettura scorrevole sia con le parti contenenti spoiler che saltandole.

Ebbene, a caldo si può dire: "Abbiamo evitato il peggio". Vedendo le premesse del secondo film, cambiamenti e aggiunte incomprensibili, una maggiore fedeltà al SdA cinematografico piuttosto che all'opera letteraria, il terzo film de Lo Hobbit mantiene queste caratteristiche ma offre chicche niente male, in sintonia con il testo tolkeniano. Insomma, cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno. Detto ciò esprimerò un giudizio sul film in sè e sull'intera opera di Jackson, a caldo e a sentimento.
La scena iniziale de La Battaglia delle Cinque Armate è la naturale e fluida continuazione di quella finale del capitolo precedente: non vi è stacco o flash back come negli altri film della Saga dell'Anello.
[SPOILER]
La scena è d'impatto e Smaug si mostra in tutta la sua bellezza e potenza. La sua morte è altrettanto suggestiva e, a parte la scena del lancio della freccia nera e della corazza fatta non di diamanti ma di scaglie, rispecchia fedelmente il libro. Nota dolente: ritroviamo inoltre la coppietta Tauriel-Kili per la felicità delle ragazzine e dei farmacisti venditori di malox: lì li abbiamo lasciati, lì li ritroviamo, niente di più... Però non solo la dichiarazione d'amore è totalmente improbabile e inventata, ma è resa anche in maniera ridicola e imbarazzante.
Possiamo dire che a parte alcuni momenti e un paio di personaggi, Peter Jackson ha riportato fedelmente tutto quel poco scritto da Tolkien; quello non descritto e lasciato alla fantasia ha pensato bene di raccontarlo con la sua, di fantasia. La fantasia di un regista nerd che vuol far felici i fan nerd e non gli appassionati dei libri.
Quindi per gli appassionati delle opere letterarie questo è un film di luci e ombre. Tra le cose negative quella di aver cambiato completamente due personaggi, in particolare uno è stato a mio giudizio distrutto, facendogli perdere fascino e carattere.
[SPOILER]
Il Thranduil descritto da Tolkien è sì orgoglioso e in certa misura avido ma Tolkien lo descrive comunque buono e compassionevole ("...udita la preghiera di Bard, il re ebbe pietà, perché era il signore di un popolo buono e gentile", Lo Hobbit ed. Adelphi, pag. 288). Nel film è invece cinico, vendicativo e senza cuore, con un gusto morboso per la guerra. Legolas e la sua decisione finale di non far ritorno nel Reame Boscoso cambia non solo la narrazione e il personaggio ne Lo Hobbit ma anche nel Signore degli Anelli (da dove arriva quando giunge a Gran Burrone per il Consiglio di Elrond? A nome di chi rappresenta gli Elfi nella Compagnia dell'Anello?). Un personaggio che perde tutto il suo fascino nello spasmodico desiderio di esagerarlo e nella sua infatuazione amorosa resa banalmente: un personaggio distrutto, a questo punto anche per la trilogia precedente, difficile da guardare con le premesse cronologiche de Lo Hobbit.
Anche qui le battaglie sono esagerate, con una resa scenica che va dallo spettacolare al banale. È molto suggestivo il volo d'uccello sul campo da battaglia che mette bene in luce le forze in campo. Rispettate al meglio tutte le cinque armate, più arrivi successivi in soccorso dei "buoni", come previste dal libro.
Il personaggio di Thorin (barba a parte) è reso finalmente molto bene, stavolta bisogna riconoscerlo.
[SPOILER] 
La pazzia di Thorin dovuta al tesoro viene ben resa soprattutto dalle immagini di turbamento interiore nella sala dei re, dove dopo il tentativo di uccidere Smaug (inventato), si è formata un'enorme lastra dorata. Dain reso bene ma troppo caricaturale, quasi da necessario contraltare alla nobiltà di Thorin. Ben reso anche il dialogo finale con Bilbo, nel momento della morte di Thorin, frasi che se non inserivano nel film chiedevo indietro i soldi del terzo, secondo e primo film tutti insieme.
Fa male aver poca barba per un nano, lo dicevo io
Come dicevo, in eredità dal secondo capitolo riceviamo lo sciorinamento della storia d'amore tra Kili e Tauriel. Gli autori vedono in questa vicenda amorosa una bella storia di incontro tra culture e per questo si sentono legittimati sia da una bella dose di contemporaneo politically correct e sia da un presunto richiamo ai valori di Tolkien e della sua opera. La questione per me è un'altra e si sviluppa su due punti:
1) una storia d'amore tra un nano e un'elfa (di quel tipo d'amore e in quelle forme, visto in queste due pellicole) non è possibile nel mondo tolkeniano;
2) anche fosse possibile è stato reso veramente male, nei dialoghi, nella scelta degli attori e nelle situazioni banali e ridicole nel ridicolo.
Un innamoramento di un nano per un elfo femmina nelle opere Tolkeniane (senza inventare nulla) c'è e lo troviamo nei romanzi tanto che nelle pellicole: è l'infatuazione di Gimli per Dama Galadriel. 
Per chi non se la ricordasse, arrivata a Lothlorien, la Compagnia soggiorna diversi giorni e alla partenza ognuno riceverà da Dama Galadriel un dono; Gimli innamoratosi della sua purezza e della sua bellezza osa chiederle un capello della sua bionda chioma, perché da ritenersi più prezioso di ogni gemma o tesoro sulla terra; allo stesso modo anche la Signora di Lothlorien, da quanto ci fa intendere Tolkien, non rimane insensibile all'affetto e alla gentilezza che il nano ha visto nascere in sé.
Gimli dimostra una delicatezza e una gentilezza rare tra i personaggi della saga ("...si dice che l'abilità dei Nani risiede nelle loro mani e non nella lingua; non è certo il caso di Gimli. Nessuno mai mi ha rivolto una preghiera così ardita eppur così cortese", come disse Galadriel davanti ai presenti alla partenza della Compagnia, SdA, edizione Rusconi, pag. 466), ma mantiene la sua peculiarità nanesca: se deve confrontare quanto di più bello possa esistere nel mondo, lo fa descrivendolo come un gioiello più prezioso di ogni bene e tesoro: “«Non vi è nulla ch'io desideri, Dama Galadriel», disse Gimli con un profondo inchino e balbettando. «Nulla eccetto forse... eccetto, se mi è permesso chiedere, anzi, esprimere il desiderio, un capello della tua chioma, che eclissa l'oro della terra, come le stelle eclissano le gemme delle miniere [...]»” (SdA, ibidem). Inoltre Tolkien dona alla vicenda  caratteri dell'amor cortese ed è facile pensare alle chanson dei trovatori francesi del medioevo: il gentil amante s'innamora della donna angelica per la purezza che ella dona, ma questa è irraggiungibile, si può solo cantarne la bellezza. Galadriel mantiene le sue peculiarità angeliche (se tali possono esser chiamate) e si comporta come "datrice di doni", donando al nano ben tre capelli della sua chioma.
Tolkien perciò, nel descrivere questa forma d'amore del tutto eccezionale di un nano con un elfo femmina nel frattempo ne fissa i paletti invalicabili per questa possibilità! Sono due Colonne d'Ercole che nessun Ulisse del mondo tolkeniano può con leggerezza superare, tanto meno come ha fatto Jackson nel modo in cui ha plasmato la vicenda di Tauriel e Kili! Quest'ultima oltre a esser nata sul niente, è la trasposizione di un amore confezionato ad hoc per le tredicenni presenti in sala, senza quel fascino e quelle regole sociali necessarie per giustificarlo; poi la presenza del "terzo incomodo" biondo e cazzuto... beh, aumenta ulteriormente il ridicolo e la distruzione di un personaggio molto ben reso invece ne Il Signore degli Anelli.
Avendo visto finalmente l'ultimo film e richiamandomi ai due processi di costruzione dei film di Jacskon della Saga dell'Anello del post precedente, ritengo che l'ultima trilogia sia di fattura meno fedele e pregnante della precedente: ne Lo Hobbit Jackson non solo stravolge la fase 2 (quella del muovere le "figurine" create), ma stravolge anche la fase 1 (quella della creazione vera e propria del mondo e dei personaggi).
Thorin è l'esempio più eclatante (ma non solo), anche se nell'ultimo capitolo ritorna ad avvicinarsi al modello tolkeniano: più giovane e senza barba è difficile da riconoscerci il Thorin del romanzo. Radagast (il quale nei romanzi compare ne SdA ma non ne Lo Hobbit) è stato "saccheggiato" e reso solo figura comica per abbassare la tensione del film.
Chi hai fatto a pezzi? È la testa di Thorin? Di Thranduil? Di Legolas?
Non che nel SdA siamo privi di una costruzione dei personaggi che si discosti dagli originali (da vedersi il personaggio di re Theoden per esempio), ma in qualche modo avevano mantenuto una fedeltà morale e spirituale: Aragorn nel romanzo ha fin dall'inizio intenzione di rivendicare il trono, nei film è lacerato dai dubbi e dal timore del potere: nel film il personaggio cambia ma esprime una paura e un pensiero che si porta dietro dal modello originale. Accade così con Radagast e con altri personaggi de Lo Hobbit?
Lo Hobbit cinematografico ha il pregio di aver portato sullo schermo capitoli delle storie tolkeniane non presenti nel libro ma scritti di contorno per sorreggere in seguito la coerenza con il SdA. Tolkien è stato scrittore prolifico e ancora oggi dalla sua morte il figlio Christopher cura e pubblica gli scritti inediti. Molti di questi sono protetti dal diritto d'autore che il figlio conserva gelosamente, anche per via del dichiarato odio per la trasposizione cinematografica; ma molti altri sono compresi nei diritti cinematografici o facilmente citabili.
Insomma, il materiale da utilizzare era molto, quindi mi domando: perché allargare con scene inventate o falsate quest'ultima trilogia? Perché intaccare così anche il processo 1 citato, stravolgendo testo e personaggi? Non si potevano fare tre film da due ore ciascuno ma più belli? No, se vuoi accontentare i fan della passata trilogia blockbuster più di quelli delle opere letterarie.
[SPOILER] 
Scusate... ma voi avete capito da dove diamine ha tirato fuori i "mangiaterra"? No perché io non ne sentivo per niente la necessità...


A mio giudizio bisogna dire un enorme grazie a Jacskon, senza se e senza ma, e sarà difficile o impossibile in futuro ricreare o rimetter mano al mondo di Arda, per il grande lavoro e dispiego di forze coinvolti che è riuscito a mettere in campo il nostro "grande e paffuto hobbit nerd"; forse proprio per questo però alcune cose potevano esser pensate meglio, prima di lasciarle invariate e invariabili ai posteri. 
Dopo dieci anni di film rimane un solo caposaldo mai passato di moda a cui appellarsi SEMPRE per godere bellezza, stupore e stuzzicare la propria fantasia su queste storie: sedersi su una poltrona o all'aperto (con o senza pipa in bocca), aprire un libro e iniziare a leggere, "In un buco nel terreno viveva uno hobbit..."

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