Ci sono state le elezioni amministrative, grandi cali di affluenza dappertutto: chi alle politiche ci credeva ancora, negli ultimi due giorni non ha più saputo che pesci pigliare.
Non sono un politologo e mi stupisco parecchio che il PD faccia incetta di voti, anche giustificando ciò ricordandosi che i diversi "PD locali" a volte sono cosa diversa del "PD nazionale": Marino si era ampiamente espresso contro inciucio e contro le strategie di partito per l'elezione del Presidente della Repubblica; la parabola di Debora Serracchiani settimane fa insegna ancora. Insomma, una buona parte dell'elettorato vede che "Un altro PD è possibile". Per me rimane un mistero la tenuta del PD a Siena, ma ripeto, non sono un politologo...
Quello che però non mi stupisce affatto è il flop del Movimento 5 Stelle. Di sicuro il M5S è stato il primo partito a patire il calo di affluenza: molta gente che ci credeva non è stata sufficientemente soddisfatta della strategia di questi mesi a livello nazionale; non dimentichiamo inoltre le ultime vicende giornalistiche che da fonti "neutre" - se non amiche - hanno fatto (giustamente) le pulci al Movimento e al suo pigmalione, Beppe Grillo. Ma io mi domando: sono stati gli organi si stampa ad affossare il M5S? È stata la Gabanelli? Il Fatto Quotidiano? Sallusti? L'Espresso? "Il Grande Vecchio"? Beh, secondo me la colpa è di un signore che è l'unico ad avere il diritto indiscutibile a parlare lì dentro (alla faccia del "uno vale uno") e che quando lo fa dice cose del tipo che per prevenire il tumore bisogna eiaculare 21 volte al giorno... Questa è satira baby, e ci sta, ma fatta in un momento diverso da quello della satira, in un luogo ancora più diverso: in un comizio elettorale. Siamo vissuti nella superficialità politica per anni, abbiamo sentito gente già dei vecchi partiti parlare di grandi temi con un'approssimazione esagerata, abbiamo già visto che politici si sono trasformati in ridicoli clown per agguantare voti, forse si sperava realmente in un cambiamento che facesse la differenza. L'usare sempre e comunque un linguaggio satirico paga all'inizio, quando devi - anche giustamente - scandalizzare la gente, farla svegliare su alcuni temi che ritieni importanti: è questo il compito della satira. Ma se poi non arriva il momento di sedersi e di analizzare con maggiore cura i problemi e con ancora maggiore cura sporcarsi le mani e agire, allora i problemi non vengono risolti. Non si può, o almeno non si dovrebbe, essere approssimativi quando si fa politica: a quel punto non si può sparare numeri a caso, concentrarsi sulle macchiette, rimanere nel vago nel fare delle proposte o fare di tutta un erba un fascio. Perfino sul principale cavallo di battaglia del Movimento i militanti non sono stati chiari, ovvero quello dello stipendio dei parlamentari. C'è un momento giusto e arricchente per fare "satira" e poi uno diverso per fare concretamente "politica", questa distinzione forse a qualcuno non è ancora chiara...
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