lunedì 3 giugno 2013

Morire per un albero

In questi giorni in Turchia sta accadendo qualcosa di impensabile qui in Italia: della gente muore per degli alberi. Muore non sotto i colpi di qualche fato o calamità naturale, ma sotto i colpi della polizia turca che cerca di reprimere le proteste con la violenza, "per far rispettare la legge". 
Tutto ciò perchè si è deciso di abbattere il grande parco Gezi, polmone verde di Instanbul, per far spazio a un enorme progetto di "riqualificazione urbana", con supermercati e infrastrutture. I giovani turchi (quelli veri, non i bamboccioni politici del PD di casa nostra) sono scesi a protestare in piazza Taksim contro il loro governo, contro questa decisione.
La protesta è nata perciò come protesta ecologica, ma si è subito fatta carico anche di un tema in Turchia (ma non solo) molto caldo: la laicità dello Stato. Sì perchè sempre in questi giorni il governo retto da Erdogan (dal 2002 al potere) ha messo forti restrizioni sull'uso degli alcolici, ultimo atto, agli occhi di molti turchi, di una serie di concessioni alla religione islamica che riduce fortemente l'idea di Stato laico nato con la moderna Turchia di Ataturk dopo la caduta dell'Impero Ottomano.
Quindi non solo ecologia. Ma è indubbio che dall'aldilà del Bosforo qualcuno ci sta dimostrando cosa voglia dire avere una coscienza civile su quei beni comuni che anche noi stiamo svendendo per le leggi del mercato o del progresso. Mantra che sentite da parecchio? sì, lo so... il progresso e il mercato cattivi... la solita solfa. Me ne dispiace, non bisogna assolutizzare, ma purtroppo sta accadendo questo in Turchia. E non solo.
La forte repressione di polizia riporta alla mente molti atti avvenuti negli ultimi anni anche in Italia, sempre per difendere legge, mercato e progresso. Un caso su tutti: la Val di Susa.
Ora non mi addentrerò nel giochino dialettico di chi sia buono o cattivo, di chi picchia e sbaglia o di chi picchia e fa bene. Chi mi conosce sa benissimo che sono convinto in una salda e territorialmente presente resistenza contro la costruzione della TAV, ma sa anche che mi preoccupa parecchio la deriva violenta di certe frange del Movimento NO TAV che delegittimano il lavoro di paziente costruzione di una coscienza civile nell'opinione pubblica; perché a mio parere non si può non passare dal convincere il resto della cittadinanza del nostro Paese sull'inutilità dell'opera. Ma il punto è che chi per primo dovrebbe garantire giustizia e democrazia, cioè la nostra Repubblica, non lo sta facendo. Non mi stupisco se un violento fa un atto violento: lo condanno, non lo accetto, ma non mi stupisco. Invece è triste stupirsi che la Repubblica usi la forza contro i suoi figli che difendono la "cosa pubblica". Negli anni passati le cariche della polizia a uomini, donne, anziani della Val di Susa, che si opponevano all'esproprio della propria terra per evitare un disastro ecologico ed economico, hanno compromesso in quelle terre la fiducia verso lo Stato che ora è difficilissimo recuperare. Molti valsusini si sentono circondati da uno Stato che non fa l'interesse comune. Eppure lo Stato, la Repubblica, dovrebbe essere il primo garante della "cosa di tutti", della "cosa pubblica", del "bene comune" e non degli interessi privati. 
Dite che anche questa l'avete già sentita troppe volte? Beh, sarò io il primo a essere felice di non ricorrere più a queste parole purtroppo da troppo tempo frequenti.

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