Dopo
ore di macchina arrivi a Moynaq, la città costiera, famosa perché
antico approdo della "via della seta"; ma anche per l'inscatolamento del pesce,
che i pescatori prendevano al Lago salato, per sfamare loro e le loro famiglie. Siamo
nelle leggendarie terre vicino a Samarcanda, terre di steppe e di antichi racconti. Appena arrivati, trovi ad
accoglierti una grossa insegna col nome della città, scritta in
caratteri cirillici, una strana reminiscenza d'Europa in questa lontana
terra d'Asia. Sotto la scritta la grande immagine di un pesce che salta
fuori dal lago. Di navi, a Moynaq, ce ne sono ancora parecchie, tutte
vecchie, abbandonate, incrostate dal sale e dal tempo, senza vita e
senza porto in cui approdare. Già, senza porto. Non è un'espressione
poetica di vecchi studi classici: a Moynaq manca letteralmente il porto.
Le navi stanno lì, ferme, appoggiate placidamente sul terreno salino
che un tempo accoglieva mare, pesci e pescatori. Se prendete una
qualsiasi cartina o un qualunque mappamondo e cercate in Asia il Lago
d'Aral, vedrete sì un immenso lago salato chiuso, ma in realtà quel mare
non esiste più. Oggi il Lago d'Aral si è ridotto del 90% della sua
originaria estensione e la sua più importante città portuale oggi dista
centinaia di chilometri dall'attuale costa. L'intero bacino salato è un
sinistro paesaggio apocalittico dove giacciono antichi relitti ritornati
alla luce del sole con quelli nuovi, che non videro mai le
profondità del mare, ma che semplicemente furono abbandonati lì, ad
aspettare che il mare si prosciugasse, per toccare il fondo.
Dopo
la Seconda Guerra Mondiale l'Uomo segnò il destino del Lago d'Aral: il
sovietico Grigory Voropaev divenne il capo di un progetto di "
riqualificazione" (mai parola fu più abusata) agricola della zona. Egli cercò di potenziare la produzione
di cotone fino a rendere la vecchia repubblica sovietica (oggi Stato
indipendente) dell'Uzbekistan il secondo produttore di cotone dopo gli
Stati Uniti. Solo che per fare ciò si doveva "serenamente far scomparire
il Lago d'Aral", perchè per potenziare tale coltura c'era bisogno di
deviare gli unici due affluenti di questo mare lontano da ogni oceano.
Così, a detta sua, si corresse "un errore della natura", usando le acque
dei fiumi per l'agricoltura e i grandi acquitrini ricavati dal ritirarsi
delle acque per la coltivazione del riso. Peccato che il Lago d'Aral, a
differenza del suo nome, sia un mare. Così non acquitrini, ma distese
di sale vennero scoperte ai rigidi venti dell'Asia centrale, venti che riuscirono a portare sostanze saline fin su nelle cime dell'Everest.
E non solo quello.
L'Uomo
nel correggere gli errori della Natura, volle sforzare in ogni modo la
coltivazione di quelle terre, con pesticidi e prodotti chimici, fino ad
avvelenare non solo quelle zone ma anche quelle vicine. Ci fu un
ridursi del Lago e un aumento delle malattie respiratorie e renali.
L'Uomo
si è creduto talmente tanto all'altezza di Dio - o proprio libero dalla sua presenza per fare quello che vuole - da vedere quella grande
area anche come un luogo idoneo dove sperimentare ordigni di difesa/offesa
militare. In questo caso, trattandosi dell'URSS, di ordigni atomici.
Sulla ormai scomparsa isola di Vozroždenie vi era una delle più segrete
basi militari sovietiche. L'Uomo in tal modo riuscì a cambiare ancora
più profondamente la Natura grazie alle radiazioni degli esperimenti
atomici. Peccato che l'Uomo stesso faccia parte di questa Natura, di cui
ne subisce gli stupri e i tumori. Riusciremo a riempire di nuovo
contenuto e di nuova forma i concetti ottocenteschi ormai trapassati di
"progresso" e di "modernità"? Riusciremo a rimediare e a riempire nuovamente di vita il Lago D'Aral?
[modificato e riscritto da un articolo già pubblicato in REGGIAMOCI FORTE! http://reggiamociforte.blogspot.it/ ]